L’agenzia ONU per l’Infanzia, l’UNICEF, riporta oggi che più di 650 bambini sono stati reclutati in gruppi armati nel Sud Sudan dall’inizio del 2016.
L’UNICEF non specifica i gruppi attuali in cui i minori sono stati reclutati, ma dice che i bambini continuano ad essere reclutati e utilizzati da svariati gruppi e forze armate; ed avverte che “un nuovo conflitto potrebbe mettere in pericolo decine di migliaia di bambini.”
In particolare, il vicedirettore esecutivo dell’UNICEF Austin Forsyth afferma che – nonostante tutti gli sforzi di porre fine a tale pratica – i bambini continuano a trovarsi di fronte ad esperienze “orribili”: «Il sogno che tutti noi avevamo condiviso per i figli di questo giovane paese (indipendente soltanto dal 2011) è diventato un incubo».
Da parte sua, lo SPLA – il Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan – ha esortato l’UNICEF a fornire informazioni più specifiche sulle aree dove i bambini vengono reclutati.
Justin Forsyth ha anche osservato che le violenze di genere, con il permanere del conflitto, sono sempre più diffuse nel Paese: «I bambini continuano ad affrontare prove spaventose» ribadisce Forsyth. «I recenti rapporti indicano diffuse violenze sessuali contro ragazze e donne. L’uso sistematico dello stupro, dello sfruttamento sessuale e del sequestro come arma di guerra nel Sud Sudan devono cessare, insieme con l’impunità per tutti i responsabili.»
L’UNICEF, dunque, fa presente come sia necessario garantire nell’immediato l’accesso alla capitale Juba, alla città di Bentiu e negli altri territori del paese agli operatori umanitari, così da poter soccorrere in primo luogo donne e bambini vittime del conflitto.
Forsyth infine avverte che “senza un settore umanitario pienamente operativo, le conseguenze per i bambini e le loro famiglie saranno catastrofiche”.